Qualche settimana fa, alla partenza della funicolare che collega la Piazza Cioccaro di Lugano con la Stazione delle FFS, non ho potuto non notare, sulla fiancata del luccicante mezzo di trasporto in attesa di caricare i numerosi utenti in attesa, un simpatico avviso in dialetto ticinese, che ricordava la necessità di proteggersi dall’insidioso virus pandemico indossando l’apposita mascherina all’interno della carrozza (Al fem par tücc !).

Indubbiamente un monito diretto e, probabilmente, efficace per molti residenti ancora propensi a comunicare nell’idioma tradizionale del nostro Cantone, ma sicuramente non del tutto comprensibile per i numerosi turisti svizzero-tedeschi che mi stavano accanto e che da lì a poco si sarebbero ritrovati face to face all’interno del mezzo di trasporto.

Orbene, al di là della evidente ed apprezzabile intenzione di un coinvolgimento informale e diretto del messaggio sopraccitato, una riflessione sulla nostra capacità di accoglienza comunicativa degli ospiti di lingua tedesca in Ticino, numericamente in netta crescita in questo periodo di ridimensionamento dei flussi turistici a livello planetario, andrebbe probabilmente fatta. Facciamo abbastanza per facilitare loro la permanenza sul nostro territorio? Siamo in grado di comunicare con loro in modo efficace e capillare?

Sicuramente nel contesto strettamente connesso ai servizi turistici veri e propri (alberghi, Uffici del turismo, ecc.) opera del personale assolutamente in grado di comunicare in modo professionale e cosmopolita con loro, ma nel cosiddetto settore dell’indotto (ristoranti, bar, chioschi, negozi, agenzie di trasporto, centri sportivi e quant’altro) ne dubito fortemente, anche perché, sempre più frequentemente, la manodopera ivi impiegata risulta frontaliera e, come sappiamo, la lingua di Goethe in Italia non risulta particolarmente implementata.

Che fare quindi, se non prestare maggiore attenzione all’insegnamento e all’apprendimento delle lingue in generale e del tedesco in particolare ? Non che non si faccia nulla per migliorare la situazione, ci mancherebbe. Nel settore della Vendita (da qualche anno denominato “Commercio al dettaglio”) la formazione professionale a livello scolastico prevede da tempo l’insegnamento obbligatorio del tedesco, seppur con una dotazione oraria piuttosto modesta. Del resto è risaputo che parecchi punti di vendita, soprattutto quelli di un certo livello (per esempio negozi di abbigliamento e gioiellerie) e soprattutto nel Locarnese, pretendono dai loro apprendisti, e magari futuri impiegati, una certa padronanza della lingua sopraccitata.

In medesimo sforzo formativo viene assicurato in numerosi altri percorsi professionalii, evidentemente, ma è probabilmente necessario insistere maggiormente sull’aspetto orale dell’apprendimento, così da migliorare le capacità relazionali con gli ospiti d’oltre Gottardo.

L’insegnamento tradizionale in classe non lascia purtroppo sufficiente spazio all’esercizio dell’oralità e questo per ovvi motivi (pensiamo a quante opportunità di intervenire oralmente abbia quindi un allievo nel contesto di una lezione di tedesco destinata a 23 o 24 discenti).

Di conseguenza, al di là degli indispensabili stage e corsi intensivi al di fuori del contesto linguistico locale, risultano provvidenziali le iniziative come quella intrapresa da deutsch@TI, che ha il pregio di accompagnare lungo un percorso didattico coinvolgente e propenso allo sviluppo delle competenze orali i propri allievi, dalla più tenera età fino al momento degli studi superiori e professionali.

 

Giulio Poretti, già direttore del Centro professionale commerciale (CPC) di Lugano 

Gestendo un’attività nel campo del turismo, lo abbiamo sollecitato ad esternarci le sue aspettative e le sue preoccupazioni relativamente alle competenze linguistiche dei giovani ticinesi.
Basilese di origine ma residente in Ticino da diversi anni, ecco come vive il tedesco in Ticino.
La conoscenza del tedesco sempre più importante per il futuro dei giovani e l’apertura a nuove possibilità sul mercato del lavoro.
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